Emozioni preconfezionate? No, grazie.

Ecco una nuova occasione per lanciare sul mercato l’ultimo menù di emozioni preconfezionate!

 Ingredienti: molta paura, una buona dose di egoistico dolore patriottico, un bel contorno di guerra nel nome della religione, tutto aromatizzato da un mix di xenofobia e ignoranza; cottura a proprio piacere, si consiglia accompagnato da un misto di opinionisti invasati.

Ma il cibo pronto in scatola si sà, non è di buona qualità, solo che in questo caso non abbiamo a che fare col nostro stomaco, ma con la nostra mente e continuano a servirci il solito menù trito e ritrito, cambia la salsa ma la sostanza è quella. Ma come possiamo scegliere ciò che mangiamo quando cominciamo a volerci prendere cura del nostro corpo, cominciamo a voler scegliere cosa pensare, facciamo da noi, scegliamo il meglio.

Credo che in questi casi, sia molto utile prima fare silenzio, poi magari farsi delle domande e apprendiamo, come spesso è utile fare, dalla saggezza dei bambini, torniamo a fare “il gioco del perchè” andando il più possibile a ritroso alla causa prima di un fenomeno.

  • Perchè ci sentiamo attaccati noi europei in quanto “popolo pacifista”?
  • Perchè i nostri governi continuano a spendere milioni in armi, eserciti, guerre all’estero?
  • Perchè i comandanti dei terroristi arruolano ragazzi convincendoli di andare a morire per cause false e falsi ideali? Noi europei non lo facciamo?
  • Perchè siamo più propensi a soffrire solo per le tragedie che si compiono più vicino a noi in termini di spazio e di tempo, dimenticando tutte le altre?

Allora dovremmo essere più coscienti e onesti e accettare risposte che non ci piacciono.

Noi europei non siamo poi così pacifisti, produciamo, vendiamo e usiamo armi, all’estero e per l’estero. Andiamo a fare le guerre convincendo i nostri ragazzi che vanno a fare missioni di pace, che vanno a liberare popoli oppressi (come se avessimo tanti Che Guevara come capi di stato), ma vanno a morire principalmente perchè i nostri governanti commissionano guerre con o contro qualche dittatore di turno, qualche paese, non prima d’aver fatto accordi e un pò di conti in termini di affari internazionali (di certo non andiamo  e non siamo mai andati a far guerra in tanti altri paesi africani sotto dittatura, piuttosto che in Birmania o nel Tibet occupato dai cinesi…) .

I mass media ci dicono di volta in volta per chi e quanto dobbiamo soffrire, adesso ci dicono che siamo europei, alimentano il nostro inutile ed egoistico senso patriottico europeo (prima avevamo solo quello nazionale), così i confini delle cartine diventano anche i confini della nostra mente e della nostra compassione; sono meno vittime i morti di guerre più lontane da noi o di cui semplicemente non si parla più (per es.:è finita nel silenzio la guerra civile in Ucraina o continua alla nostra insaputa?) ? Sono meno vittime anche gli stessi ragazzi arruolati dai terroristi o bambini soldato di vari paesi africani ( ha qualcuno compassione per loro?) ?

E’ forse il popolo, terreno mal concimato che produce i suoi stessi governanti quali frutti marci?! Effettivamente volendo migliorare il circolo vizioso di tale produzione si può agire sul terreno e non tanto sul frutto.

Ecco, forse riflettendo un pò su questi termini, senza limitarci a prendere istruzioni su come reagire a certi eventi ci rendiamo conto che la nostra innocenza viene meno. Vien fuori invece la responsabilità di chi prende le decisioni, di chi continua a spendere milioni in armi e guerre, senza neanche chiedere il permesso al popolo a cui detraggono tutti quei soldi e che dovrebbero invece essere spesi per lo sviluppo dell’individuo, il risanamento dell’ambiente e lo sfruttamento di energie rinnovabili. Quale genitore preferisce lasciare al figlio un mondo con tante armi e poche opportunità?

Per questo  viene anche fuori la responsabilità del singolo, che sia nel quotidiano portatore di pace, di ascolto, di condivisione,nei piccoli gesti di tutti i giorni e soprattutto nei confronti e agli occhi dei futuri adulti; ascoltiamo le nostre parole, osserviamo i nostri gesti e analizziamo i nostri pensieri per capire se stiamo agendo nella direzione e a causa della paura (che è tanto cara ai grandi divulgatori di informazione) o se invece operiamo per quanto ci è possibile per la pace.

Analizziamo noi e capiremo anche meglio chi ci rappresenta e che magari con grande ipocrisia si sente scosso da tali atti di violenza, senza consapevolezza di esserne anche alla lontana promotore.

 

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