DOVE RISIEDE LA NOSTRA IDENTITÀ? – Un’ottima domanda per approcciarsi alla meditazione.

Meditare può sembrare un’attività difficile, non da tutti, ma come in ogni pratica fisica e/o mentale ci sono diversi livelli di difficoltà e profondità.
Ma da quale pratica cominciare all’inizio di un percorso dedicato ad una rivalutazione di sé stessi?
Come già accennato in altri articoli è fondamentale in tal senso cercare di smontare il nostro ego, l’idea che abbiamo di noi stessi e del nostro “essere nel mondo”, il che non ci porterà a perdere nulla, ma ci guiderà via via verso una percezione più ampia e meno limitata di noi stessi.
In un primo approccio è consigliabile una meditazione più analitica, che non richieda particolari stati di coscienza profonda, ma sempre e comunque la volontà di migliorarsi e/o di liberarsi, un po’ di silenzio e calma. Lo scopo sarà quello di mettere in dubbio, in crisi, il nostro modo di identificarci, facendoci delle domande e andando per gradi ad approfondire il ragionamento.
Più avanti la stessa pratica, potrà limitarsi alla ripetizione di brevi frasi, brevi concetti (o se preferite chiamateli mantra), che a loro volta porteranno a uno stadio ancora più profondo della meditazione, quello in cui si abbandonano i battelli dei concetti e del pensiero per immergersi totalmente nell’oceano del “sentire”, del “percepire” e arrivare a fare esperienze dirette di verità più o meno profonde e/o relative, ma pur sempre verità. Ogni volta che mi succede lo vivo come un momento commovente, provo un senso spontaneo di gratitudine ed è proprio questo che mi fa capire di averne afferrato un pezzetto , almeno per quel momento, di aver vissuto un attimo di saggezza. Ma una volta afferrata è facile che ci sfugga nuovamente, l’esperienza può essere fugace ed per questo che bisognerebbe impegnarsi a mantenere la mente in uno stato di “allerta rilassata”, cioè avere la consapevolezza che in qualunque momento e situazione, in qualsiasi esperienza è insita una lezione, una scintilla di suprema conoscenza.
Iniziamo dunque a prendere in esame il nostro corpo, che nella concezione comune è parte imprescindibile della nostra identità, del nostro IO, provando a ragionare con più obiettività e facendolo a pezzettini (quasi letteralmente!). Quindi trovate un luogo tranquillo e focalizzate la mente su questo filo di pensiero.
Questo corpo che quotidianamente percepiamo come un pezzo unico e quasi immutabile non è altro che un sistema di infinitesime parti che mutano continuamente: le nostre cellule che ogni giorno nascono, muoiono o si trasformano. Soffermiamoci su questa evidenza e conoscenza che è alla portata di tutti, usiamo la mente come fosse un microscopio e immaginiamo questa realtà: se potessimo zoomare all’infinito troveremmo le cellule dei nostri capelli, pelle, occhi, muscoli, ossa, ecc. ; poi osservando ancora più da vicino vedremmo che impulsi elettrici e reazioni chimiche ne governano le attività e combinano tra loro i più svariati tipi di molecole che potremmo ancora sezionare fino ad arrivare alle particelle più elementari della materia.
Già così, stimolando la mente in questo senso, si può dedurre che se crediamo di avere totale controllo e proprietà del nostro corpo forse ci sbagliamo, perché non è certo con la nostra volontà cosciente che governiamo l’infinitamente piccolo: le forze che tengono insieme, elettroni, neutroni e quant’altro.
Ma analizziamo ancora più attentamente: nulla di tutto questo fa parte, di per sé , del nostro corpo, tutta questa materia non esiste e non è mai esistita in maniera indipendente e facente parte di esso; la persistenza di questo sistema non è altro che frutto di fonti esterne che vanno a integrarsi in esso trasformandosi, tutta queste molecole precedentemente erano altra materia: l’ossigeno che assumiamo dall’aria, frutto della fotosintesi di organismi vegetali; l’acqua che abbiamo bevuto che a sua volta veniva da un lungo ciclo di trasformazione; il cibo che abbiamo assunto, quindi molecole che provengono da altri “corpi” siano essi animali (che assumono nel loro corpo altri animali o vegetali) o vegetali il cui sviluppo è dipeso dalla compartecipazione di tanti elementi e condizioni (acqua, sole, microrganismi, ecc. ) . E via di seguito mantenendo la mente su questo ragionamento logico troveremo un sistema sempre più vasto di interdipendenza che si protrae infinitamente nello spazio e nel tempo. Come possiamo allora identificarci in maniera così assoluta con quello che è (il nostro corpo) solo una parte di un ciclo di perpetua trasformazione della materia, di energia?
Ecco che si sgretola l’idea del corpo esistente come entità a sé e come base reale e ultima della nostra identità , dell’ “Io sono”, ma inizia ad affiorare la consapevolezza dell’ unione con il tutto, la verità – su un piano fisico e logico – dell’interdipendenza (ma se la realtà e la logica del mondo fisico sono la punta dell’iceberg della realtà spirituale…). E se con il corpo non possiamo identificarci in maniera assoluta, ci resta solo l’esperienza che ne facciamo di esso e magari potremmo pensare a quest’esperienza come la “gestione” di una porzione dell’infinita energia; possiamo anche prendere come metafora l’immagine di un lago: l’acqua che ne fa parte non è mai la stessa (anche se all’apparenza non sembra così) ma ci passa attraverso per poi continuare nel suo ciclo e la forma stessa del lago avrà una lenta e continua trasformazione, fino ad essere altro, così come il nostro corpo.
Se da una parte posso avervi accompagnato in un ragionamento logico atto a constatare la natura oggettiva del corpo, non mi pongo mai come detentore di verità assolute e inconfutabili, ma più come istigatore di dibattiti e riflessioni.
Quali possono essere le implicazioni, nella vita di tutti i giorni, che porta con sé questa consapevolezza?
E quale il passo successivo nella ricerca della nostra natura ultima o il livello più profondo di comprensione al quale puntare eventualmente? Da dove ripartire?
Questa analisi, così esposta, può già essere la spinta necessaria per mantenervi in equilibrio su questa consapevolezza: del corpo ne facciamo ESPERIENZA. Non è davvero nostro, non è la nostra essenza, non è la base del nostro IO. Più avanti proveremo ad analizzare più acutamente l’esperienza in se, cercando di capirne il modus operandi.

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